Se volete la mia opinione, addentrarsi nella giungla messicana tra la fitta coltre di palme e rovine maya mentre all’orizzonte incombe una tempesta tropicale in piena regola, con tutti gli annessi e connessi del caso, nuvole nere, fulmini e un vento che spazza tutto ciò che incontra, beh, non è la migliore delle idee. Ma i ragazzi del Festival sono così, oramai ho imparato a conoscerli: dai, quando ti ricapita? Andiamo, tu su una dune buggy e noi su un bel biplano! Cosa mai potrà andare storto?! Ci schiantiamo col velivolo? E allora vieni a riprenderci e poi scappiamo mentre la tempesta è orami sopra di noi, con la giungla che ci svolacchia tutta intorno, foglie e acqua in un turbine impazzito che si sgonfia, che beffarda ironia, mentre le ruote abbandonano il fango e ritrovano l’asfalto, abbagliante di riflessi di un sole arancione che ora sbuca da buio all’orizzonte. Non mi sarei aspettato nulla di meno da Forza Horizon 5.
D’altra parte, sono ormai quasi dieci anni che frequento il Festival Horizon: il primo, in Colorado, è stato una folgorazione. Una gioia di correre così impagabile non l’avvertivo dalle scorribande in Ferrari con quella ex bionda sul sedile del passeggero. L’edizione davvero indimenticabile però è stata la seconda, tra Costa Azzurra e Toscana: sarà stato l’effetto del classico “c’è anche un po’ di Italia”. Persino edizioni meno memorabili, come quelle che hanno portato il carrozzone in Australia e in Gran Bretagna, hanno lasciato ricordi più che piacevoli. Ma il Messico di quest’anno è tutta un’altra storia.
Il paesaggio che scorre fuori dal finestrino non è mai stato così bello. Merito della varietà, certo. Nel giro di una manciata di chilometri si passa da spiagge bianchissime a vette pietrose passando attraverso villaggi coloratissimi e fitte foreste di palme. Ma è la luce il segreto del fascino messicano, così intensa e reale come non si era mai vista, bianca e abbacinante in quei giorni in cui le nubi pallide incombono basse, ma anche gialla e caldissima quando il sole picchia dall’alto sulla terra pietrosa, sulle pozzanghere che si riflettono sulle livree lucenti, o filtra attraverso un dedalo di foglie sgocciolanti.
Per quanto magnifico, però, il Messico da solo non basterebbe a rendere imperdibile Forza Horizon 5 se non ci fossero di mezzo le trovate del Festival, che di fondo è sempre uguale a se stesso, ma quest’anno è riuscito ad aggiungere al menù una dose di bizzarria che un po’ mancava. Fare a gara con gli aerei è sempre divertente, ma lanciare un carro allegorico giù da un dirupo lo è ancora di più; anche far decollare un auto sportiva per farla atterrare nel centro di uno stadio non è male, devo ammetterlo. Laddove non arriva l’immaginazione degli organizzatori poi ci pensa la creatività dei concorrenti a cui è data carta bianca per l’invenzione di sfide a tema, il cui tenore medio è “scendi da questa montagna altissima da cui si vede il mare sulla costa opposta fregandotene della strada, ma eseguendo almeno 14 salti”.
Forza Horizon 5 è un vita in vacanza in un villaggio grande come un mondo aperto, dove l’animazione vuole essere sicura che nessun pilota si annoi mai, così ogni volta che schiacci il pedale o tagli un traguardo si attiva una nuova icona sulla mappa, si accende una sfida, si sblocca un riconoscimento, vinci un giro di ruota o chissà che altro. Gli animatori del Festival Horizon, però, sono dei tranquilloni, non vengono a bussarti al finestrino per ricordarti tutte le attività a cui non hai ancora partecipato, come quelli che ti molestano sulla sdraio mentre vuoi solo leggere al sole, ma al contrario hanno sempre una parola di incoraggiamento (e magari un premio) per ricompensarti per ciò che fai. Senza insistere, senza imposizioni.
Perché in fondo la filosofia del Festival Horizon è prendersi bene, e non c’è modo migliore per farlo che godersi un garage virtuale sconfinato, traboccante di auto sportive che non potrei permettermi in tre vite e che invece posso far sfrecciare sereno senza preoccuparmi troppo dell’effetto degli alberi sulla carrozzeria. Quindi è ok anche girare senza uno scopo, magari giusto per il gusto di godersi il sole in faccia e una grafica fuori di testa per fingere di essere davvero col culo sopra qualche centinaio di cavalli in un canyon, e dimenticarsi che fuori ormai fa buio alle 17 e piove che dio la manda da tre giorni.
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